SAVONARI » La mia tela http://www.savonari.com SITO UFFICIALE DI BALDO SAVONARI, PITTORE MITTELMEDITERRANEO E FONDATORE DEL TERZOFUTURISMO NEL 1986 Wed, 28 Dec 2011 22:51:33 +0000 en hourly 1 Tirrena Auto Art & Design http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/tirrena-auto-art-design.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/tirrena-auto-art-design.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:55:07 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=523 Divo Tirreno, Mare Tirreno, Tirrena Auto

Il nome del nostro mare già negli anni trenta è stato legato all’Architettura con il famoso concorso sul lungomare di Ostia. Nell’anno 2000, la Tirrena Auto inaugura il suo nuovo spazio proprio al terminale di uno delle otto consolari romane, la Via Ostiense. L’importanza sia simbolica che strategica del luogo, viene subito recepita sia dalla committenza che dal progettista.

L’edificio si compone di una parte ipogea, illuminata da ampie e spettacolari aperture sul piano stradale, e dalla sua continuità emersa, visibile soprattutto da chi viene da Roma.

“L’arte inquieta, la scienza rassicura”.

In questo edificio l’arte e la scienza si rincorrono in un giuoco sapiente di complementarità. Il rigore e la purezza razionalista si coniuga con l’accezione decostruttivista. L’uso eretico ma raffinato dei materiali crea un giuoco sapiente di contrasti armonici che conferisce al’insieme una straordinaria originalità. L’edificio non ha una facciata principale, e come per una statua del Bernini, è necessario girargli intorno per scoprire gli scorci e le prospettive inaspettate che che compongono questo palinsesto di Architettura ideato da Giuliano Fausti. Uno spazio che apre le porta ad eventi culturali. Nato come spazio espositivo per gli “oggetti in movimento” Volkswagen, oggi ospita i colori in movimento sulle tele di Savonari.

“…quando penso una dimora (sia essa per gli dei o per un uomo) quando ne ricerco la forma con amore, studiandomi di creare un oggetto che ricreai lo sguardo, conversi collo spirito, s’accordi colla ragione e le numerose convenienze…; allora, ti dirò una cosa strana?, mi sembra di creare con tutto il mio corpo”

Paul Valery
Eupalino o l’Architetto

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Mostra Permanente http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/mostra-permanente.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/mostra-permanente.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:50:38 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=520 MOSTRA PERMANENTE DI UNA COLLEZIONE PRIVATA

Terzofuturismo al Saracen Hotel

Viale dei Saraceni, 1 – 90040
Isola delle Femmine – Palermo (Sicilia)
Tel. 091- 8671423
Fax 091- 8671371
PBX – Tlx 910165 SAROTL

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Lo Pneumatico http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/lo-pneumatico-2.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/lo-pneumatico-2.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:46:29 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=518 Nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del FUTURISMO, scrive:

“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.”
Un’(*) automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’(*) automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.”
(Si tratta di una statua greca, come tutti sanno, rappresentante la vittoria alata – la dea Nike – rinvenuta appunto nell’isola di Samotracia e attualmente esposta al museo del Louvre. E’ sinonimo di bellezza).

Marinetti la contrappone alla bellezza della “nuova era” rappresentata dalla velocità meccanica che il nuovo secolo va scoprendo.

Il TERZOFUTURISMO pone il seguente interrogativo: “Perché un vaso è degno di essere dipinto e uno pneumatico no? Eppure il vaso, come lo pneumatico, nasce come oggetto di uso!”
Una forma è una forma… è una forma… è una forma… non c’è differenza fra una forma e l’altra di per sé. Siamo noi a stabilirne il valore.
Non è importante cosa si dipinge, cosa si rappresenta, quanto come si dipinge, come si rappresenta.
Tutto può essere degno di essere dipinto e rappresentato se attraverso detta FORMA si riesce ad avere un rapporto poetico e si riesce a comunicarlo agli altri.
Questa è la funzione ultima dell’arte: comunicazione.

Il vaso serviva per trasportare merci, non è nato come espressione estetica. Io non vedo nessuna differenza fra un vaso e uno pneumatico; e sono convinto che quest’ultimo sia bello quanto un vaso o qualsiasi altro oggetto. Non solo pongo lo pneumatico come oggetto degno di essere dipinto e contemplato ma lo ritengo il vero motore di questa nostra era: il perfezionamento della più importante e primaria invenzione dell’uomo: la RUOTA.
Tutto quello che inventiamo e costruiamo nel campo dei trasporti lo inventiamo e costruiamo tenendo ben presente che abbiamo a disposizione PNEUMATICI di ogni tipo e per ogni scopo. Per questo, come fondatore del Terzofuturismo, affermo che uno pneumatico è bello quanto il più bel vaso.

Baldo Savonari

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Mostra Itinerante http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/mostra-itinerante.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/mostra-itinerante.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:42:56 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=516 Mostra itinerante nata a Erice (TP) nel 1986 e terminata a Roma nel 1991 al Ministero per i Beni culturali e ambientali – Complesso monumentale San Michele a Ripa.

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Principali Mostre dal 1980 al 2006 http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/principali-mostre-dal-1980-al-2006.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/mostre/principali-mostre-dal-1980-al-2006.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:39:39 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=514 2006 – Repubblica di San Marino

2002 – Lido di Roma Tirrena Auto – Art & Design

1999 – Lecce – Fondazione Memmo inizio Mostra Itinerante dal titolo: “2000 COLORI ITINERANTI”

1998 – Rieti – Poggio Mirteto, Sala Farnese, Decennale del Terzo Futurismo

1997 – Rieti – Osteria Nuova, Iter Promozione Cultura

1995 – Trapani – Alcamo, Rotary club

1993 – Palermo – Isola delle Femmine, Saracen Hotel Mostra Permanente

Roma, Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali – Complesso San Michele a Ripa

Rieti, Circolo di lettura

Viterbo, San Giovanni degli Almadiani

Stoccolma, Istituto italiano di Cultura

Roma, Expotevere Arte

Montepulciano, Sala Consiliare

Rieti, Cittaducale Palazzo Comunale

Rieti, Castelnuovo di Farfa, Festival d’ Arte

Palermo, Galleria L’Altro

1986 – 1991 – Mostra Itinerante sul Terzo Futurismo – Erice, Sala ex Sales

1983 – Roma, Studio Soligo

1980 – Roma, Galleria la Barcaccia

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Rivisitazione analitica della “Battaglia” di Paolo Uccello http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/rivisitazione-battaglia-uccello.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/rivisitazione-battaglia-uccello.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:28:50 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=504 di Francesco Maria Veròla
pittore nell’anno della luce e del colore

Appartengo a quella stretta cerchia di persone che ha veduto nascere l’opera e poi, dopo un lungo periodo di intenso lavoro e di episodici ripensamenti, quasi miracolosamente completata. Ciò che subitamente mi ha colpito è stato il legame indissolubile tra l’armonia di una danza e l’impeto di una battaglia.

La sensazione dinamica scaturisce da quattro fughe prospettiche delle quali solo quella centrale resta indubbiamente la cerniera armonica della Composizione.
La concezione spaziale invece rispecchia un tutto in un perenne movimento e divenire così come nell’Universo, legato a traiettorie ben precise studiate in modo da tessere una maglia geometrica entro la quale, dinamica, colore e forma si sposano come gli strumenti vari nella sfera magica di un concerto.
Si tolga un solo mattone all’opera o lo si aggiunga ed essa crollerà.
La potenza e la freschezza della composizione è contaminabile solamente con le “parole” di colui che non riesce ad esserne partecipe o non lo vuole.
Lo penso che se il maestro Paolo di Dono, in arte Paolo Uccello, così simpaticamente proiettato nel futuro, fosse vissuto nel nostro tempo, avrebbe dipinto la “sua battaglia” non troppo dissimile da quella del Savonari, nella quale l’Artefice ripropone in chiave ultramoderna accenti futuristi e cubisti fusi con raffinata perizia a quei rigori tanto cari allo splendore del Rinascimento.
Sicché, per usare una frase di Piero Gobetti, possiamo ben dire che “il colore diventa il suono della Vista”. Quest’opera, che io considero del Terzofuturismo e battezzo “ATOMICO”(*), rivela la massima realizzazione dello spirito artistico del Savonari pronto sempre a nuove trasformazioni e avvenimenti, indispensabili per il fluire miracoloso e il rinnovarsi dell’Elemento di ispirazione.
La geometria della composizione, la scelta dei colori nei loro accostamenti lo spirito stesso dell’opera si esaltano nell’ inveramento della loro formula unitaria.
Non posso dar torto al maestro quando un giorno, mentre ammiravo alcune delle sue innumerevoli tele, mi disse:
“Non potrei e non saprei a nessun costo dipingere un duplicato di un mio soggetto: primo per un fatto di serietà professionale e poi perché per quell’opera la musa è ormai passata”.

Agosto 1986

(*) ATOMICO perché rappresenta e significa la vera natura delle “cose” in continuo movimento e trasformazione.
Anche coloro che promossero il movimento futurista avrebbero potuto chiamarlo “ATOMICO”, ma non lo hanno fatto!

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L’irrealtà della parete http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/lirrealta-della-parete.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/lirrealta-della-parete.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:26:26 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=502 di Giovanni Paolo di Panico – architetto

 

Tutti, o quasi tutti quelli che si interessano di Arte, sanno che la pittura, considerata oggi un’arte minore o di complemento, fu sempre utilizzata come elemento di enfatizzazione e spesso quale elemento correttore delle opere di architettura. Dove, per ragioni economiche o per imperizia dell’architetto, l’edificio risultava povero di carattere, lì interveniva sovente lo scultore o lo stuccatore, e sempre il pittore che riusciva a sostituire l’opera delle altre maestranze con effetti meraviglianti e ovviamente ad un costo minore.
Abbiamo in tal senso esempi eclatanti, quale la soluzione architettonica della Cappella Sistina, operata dal Maestro per eccellenza quale fu Michelangelo Buonarroti di Firenze, che riuscì a portare a maestosità degna del luogo una brutta stanza coperta con una volta a botte a tutto sesto, troppo alta e troppo lunga.
Ci si può appellare all’ormai noto discorso della finzione nell’arte, considerando l’opera architettonica realizzata dal pittore e la maestria nello “sfondare” con cieli e figure, la trina strutturale tessuta col pennello.
Ma il tempo testimonia che questo è il primo esempio di superamento della mera decorazione degli ambienti, che comunque la pittura per architetture auliche, private o religiose, aveva operato nel passato greco, romano e medioevale.
Chi non ha apprezzato le finte tende, gli arazzi dipinti sulle mura dei freddi stanzoni dei castelli germanici o francesi?
Ma il messaggio michelangiolesco venne raccolto dal Palladio e dal Tiepolo, interpreti assoluti e magnifici della integrazione delle arti figurative, esasperato poi nel ’600 nel realizzare finte absidi e cupole, come nella romana Chiesa di S. Ignazio.
E tutto prosegue in un fantastico crescendo finché non cade la testa di Luigi XVI. Qui si sovverte l’Ordine Sociale e, fedeli al motto evangelico, “gli ultimi saranno i primi”, i borghesi, nemici dell’aristocratico e del volgo, che sentono intuitivamente i valori universali della vita, decidono che le arti (ormai con la “a” minuscola), per meglio essere commerciate, devono divorziare ed avere vita indipendente e conseguentemente limitata.
Nasce il quadro da cavalletto, precedentemente considerato un “divertissement”, una pausa piacevole e personale dell’ Artista (ricordiamo la “Gioconda”, quadretto per appunti ed esercitazioni di Leonardo che lo ha seguito in tutte le sue peregrinazioni); ora forma più comoda di mercato perché si può portare sotto il braccio e mettere indifferentemente su qualsiasi parete anonima di abitazione o ufficio. Ma anche in questa nuova dimensione sussiste ugualmente il problema della prospettiva. Ricordo le serate trascorse insieme a Savonari parlando di intervento formale e fantastico nella correzione delle reali prospettive degli spazi architettonici.
Il concetto base è quello di frammentare la lettura prospettica della parete. Una parete, a seconda della nostra posizione nella stanza, ha un “fuoco” prospettico centrale, o spostato a destra, o a sinistra, oppure più alto o più basso. Ebbene in un dipinto di Baldo convivono le dinamiche di tutti i possibili spostamenti del fruitore dell’opera.
Con l’effetto di sconvolgere la lettura banale di un fatto e di farlo diventare storia corale. Ricordo in un giorno di improvvisa primavera, dopo un freddo e cupo inverno, di aver notato un quadro appeso al muro dello studio, allora in un’ala del casale in cui abita in Sabina.
Era un quadro che forse avevo avuto sempre sotto gli occhi ma che non avevo mai “visto”. Ma quel giorno un raggio di luce che penetrava dal lucernaio ed un fortuito spostamento dell’arredamento della stanza, mi diedero una forte emozione legata alla involontaria costruzione di una perfetta scenografia.
Il tavolino sul quale la sera prima Savonari aveva giocato a scacchi con qualche sfortunato antagonista era avvicinato alla parete, a lato della piccola finestra ed opposto alla gigantesca stufa di ghisa la cui canna fumaria termina a lato del lucernaio del tetto.
Sul tavolino, ancora la scacchiera con gli scacchi in disordine ed accatastati; sulla parete, tra la finestra e la stufa, illuminato da un raggio di sole penetrato dal lucernaio, un grido di rosso nel quale cavalli e torri salivano come aspirati dalla luce resa corposa dal pulviscolo.
Quest’emozione è quella che io intendo nella divina realtà dell’Arte: quando un elemento non architettonico entra in dialogo con l’architettura e ne amplia e ne sovverte i valori “funzionali”, nasce la poesia; si avvera il miracolo del dialogo tra le arti figurative. L’uomo ha bisogno di sensazioni; ma non tutti gli uomini le hanno vive e presenti in ogni momento della giornata.
Per questo il Pittore e lo Scultore e l’ Architetto (e non l’ingegnere) sono chiamati insieme a realizzare quelle atmosfere magiche in cui il funzionario di banca, il giocatore di calcio, il professionista, possono ritrovare la fantasia di cui li priva il lavoro quotidiano.
L’opera fondamentale dell’ultima produzione di Baldo Savonari è il gigantesco polittico ispirato alla “Battaglia di S. Romano” di Paolo Uccello. Quest’ultimo, pittore quattrocentesco, è il grande ispiratore di quasi tutte le poetiche pittoriche moderne. Dallo studio della sua opera nasce il cubismo, il futurismo, l’espressionismo ed il surrealismo.
Nella diatriba rinascimentale tra la pittura di colore e la pittura basata su una rigorosa conoscenza del disegno, Paolo di Dono inventa ed oppone la prospettiva di colore: un unico piano di proiezione verticale ed il colore, spesso surreale, che determina il movimento ed i piani prospettici.
Tutta l’arte moderna nasce da questo postulato. E Savonari, che da tempo studia il modo di dimostrare tale asserto, si cimenta oggi attingendo al soggetto più complesso della produzione del pittore rinascimentale in maniera provocatoria, usando l’ottica lucida e cromaticamente ricca che gli è propria, riscoprendo manierismi e cadute dei movimenti pittorici del passato ed ammiccando furbescamente al manifesto futurista.
Dissacrazione aperta, nel rispetto della tradizione artistica universale; soprattutto, direi, nel rispetto della dinamica prospettica della finzione architettonica di movimento, nella verticalità della parete liscia.
Illuminata artificialmente o naturalmente, in un ambiente dimensionalmente consono, l’opera che amerei definire il capolavoro di Baldo Savonari (ma ciò non sia limitativo e direi in un orecchio a Baldo aspettiamo ancora il tuo capolavoro), opererebbe quest’apertura irreale verso l’esterno fantastico che architettonicamente è impossibile, perché dominio della mente, necessaria al raggiungimento utopico della quarta dimensione, sempre ricercata dagli Artisti delle arti figurative.
Speriamo comunque che tutta questa fatica non subisca l’oltraggio di tante pale d’Altare che, smembrate e ridotte delle parti “non ambientabili” oggi decorano il bar dello studio o dell’appartamento alla moda.

(a.D. MCMLXXXVI)

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Considerazioni sull’importanza del colore in arte osservando un’opera di Baldo Savonari http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/considerazioni-importanza-colore.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/considerazioni-importanza-colore.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:24:23 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=500 di Massimiliano Savona

Prenderò spunto per questa considerazione dallo spunto che mi è stato suggerito e che ho rifiutato.
L’idea propostami era quella di scrivere un “pezzo” ispirandomi al trittico “Varianti cromatiche su tema obbligato”. Ho ovviamente rifiutato questa proposta per il motivo che andrò subito ad indicare.
Uno scrittore si pone di fronte a un quadro (o tre, come in questo caso) e deve trarne un racconto, una poesia o altro. Bene: che cosa deve prendere dal quadro?
Facciamo l’esempio del “nostro” trittico: di cosa dovrei parlare?
Degli scacchi? Di un giocatore di scacchi, che poi fa cose che non c’entrano assolutamente nulla col quadro? O dovrei narrare una storia ambientata in un colonnato tale e quale quello rappresentato qui? Mi sembrano collegamenti un po’ labili, scuse per inserire a tutti i costi il mio nome nel depliant. lo non so e non voglio ispirarmi a un’opera d’arte figurativa, tanto più che compongo opere di un’arte sostanzialmente astratta e riflessiva come la letteratura.
Sì, è vero: ci sono le descrizioni solo di una lunga e dettagliata descrizione.
Un racconto ha bisogno anche di azione e un quadro fotografa, sia pure in maniera del tutto particolare, un solo istante, anche quando simultaneizzato.
Se di fronte mi trovassi l’Omaggio a Paolo Uccello, che dovrei fare?
Comporre ottave alla maniera di Ludovico Ariosto? Diciamo la verità: ogni arte fa vita a sé. Ammetto l’idea che ci possano essere somiglianze tra arti dello stesso tipo (quelle figurative), ma la letteratura fa fatica ad ispirarsi ad un’altra opera, a meno che non si voglia comporre un sonetto in onore di …, un epigramma dedicato a …, oppure strumentalizzi l’opera per farne un’altra che non c’entra niente, che ha una sua propria vita, magari migliore, e allora tanto valeva non ispirarsi.
Potrei ispirarmi al pittore nel momento in cui dipingeva, o aveva l’idea del progetto: ma sarebbe uno spunto tratto da un’occasione puramente esteriore.
No: io credo che se comunanza ci può essere tra due modi di fare arte, può essere non di derivazione di una dall’altra, ma di parallelismo; nel senso di avere un modo simile di operare. Ma in questo caso il modo simile è tale per cui diventa impossibile l’ispirazione. Mi spiegherò.
Se un pittore si ispirasse ad un romanzo, che farebbe? Stenderebbe sulla tela delle parole, delle frasi; magari trarrebbe brandelli di parole, parti onomatopeiche usate dallo scrittore nella sua opera, o anche giochi di parole.
Li trasferirebbe sulla tela, utilizzerebbe caratteri diversi per dare vivacità ad un disegno su tela, disporrebbe a caso le parole etc… voilà, ecco riesumate le parole in libertà! No, no, siamo seri: come quadro risulterebbe veramente triste, con tutti quei caratteri neri stampigliati a mo’ di trasferibili sul bianco. Manca qualcosa. Vediamo: se uno scrittore effettuasse la stessa operazione al contrario? Voglio provarci: rosso, verde, giallo, ancora giallo, blu, viola, verde, un po’ di nero, arancio … Potrei proseguire per decine di pagine, ma come racconto sarebbe improbabile anche per la più incallita delle avanguardie.
Ecco cosa manca! Non lo avete ancora capito? Lo scrittore non può rendere appieno un’opera figurativa perché non può utilizzare il colore; così come il pittore non può fare il contrario. Certo: può colorare i caratteri da sparpagliare sulla tela, ma con quale criterio? Con un criterio arbitrario, che tradisce comunque l’opera di partenza; perché poi la gente guarderebbe al violetto dei caratteri ADDIO MONTI e non al fatto che c’è scritto ADDIO MONTI.
Che risulterebbe meno importante del colore; sopraffatto, direi, dal colore.
Provate a immaginare due pagine diverse, con l’inchiostro dello stesso colore, e due identiche con colori diversi: le prime due risulterebbero più somiglianti tra loro di quanto farebbero le seconde, a causa dell’impatto che il colore dà sull’occhio e anche di quelle sensazioni più irrazionali ed istintive per cui i colori colpiscono dritti alla parte più emotiva dell’animo.
Il colore sopraffà il carattere. E se questo succede al carattere tipografico, e diverso, figuratevi al bozzetto di un quadro, soprattutto se, come in questo caso, è il medesimo.
Ciò che segue non si spiega più: lo spiega per me, e per altri, il risultato meraviglioso di questa operazione che non esito a definire d’avanguardia.
Si sapeva, borbotterà qualcuno. Sì, ma visto dal vero fa tutto un altro effetto.
Prova, tu che dici che lo sapevi, a dire che il fuoco scotta, e poi scottati.
Dimmi se è lo stesso.
A questo punto a me non rimane che esprimere sulla pagine una “cromaticità” paragonabile a quella, non dico di tutto il trittico, ma di uno almeno dei tre quadri; anche di un quadro di Savonari che non sia tra questi, visto che il suo modo di procedere rimane lo stesso. Ecco: il miglior omaggio che io possa rendergli, la miglior ispirazione che la sua opera possa darmi è l’insegnamento a usare il colore, perché è vero che è la linea a dare il significato, ma è il colore che dà il tono, il timbro, la polpa, la musica, che rende davvero tridimensionale l’ opera che fino a poco prima rimaneva stesa a due dimensioni, inchiodata come una X nera su un muro bianco. D’altronde considerate la vita di tutti i giorni: lo stesso posto a seconda della luminosità, dell’opera, della stagione, è in realtà mille posti diversi.
Tutto è luce, è colore. O meglio: la luce e il colore sono tutto. Possono riuscire a rendere – e reggere – il disegno da sole.

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Un Critico, un Architetto, un Pittore http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/critico-architetto-pittore.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/critico-architetto-pittore.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:22:02 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=497 [Dino Ales, ottobre 1992 - In occasione dell'inaugurazione della mostra permanente al "Saracen hotel" di Isola delle Femmine, Palermo]

Potrebbe essere di facile lettura l’impegno figurativo di Baldo Savonari la cui denominazione — TERZOFUTURISMO — che ha la chiarezza di un proclama e l’ambizione, nemmeno tanto segreta, di una rifondazione, riassume e rilancia l’impegno fervoroso con cui l’intera cultura nazionale, ancor prima ed intorno alla manifestazione di Palazzo Grassi, si è accinta ad una rilettura se non, addirittura, ad una rivalutazione del Movimento Futurista, sopratutto per quegli aspetti che hanno interessato le arti visive. Ma nella pittura di Savonari, ritengo, quella futurista è soltanto una componente, anche se la più importante e, lungi dall’essere, come è accaduto per tanta pittura contemporanea, una citazione, in qualche modo è invece un tentativo, peraltro ben riuscito, di percorrere nuove strade, ma con alle spalle una storia antica ed un grosso bagaglio culturale: la storia e la cultura europea di questo secolo, certo, con le inquietudini, le scoperte, i tormenti, le angosce, i drammi, le conquiste che gli appartengono, ma legate a quel filo, come egli stesso dice, che inizia a scorrere dalla fine del Medioevo e dal Rinascimento, attraverso sei secoli, fino a giungere a questo nostro tempo.

Il Futurismo nacque come antitesi violenta sia verso l’arte ufficiale del tempo che verso il verismo umanitario, dando fiato ad una diffusa, prorompente aspirazione verso la modernità. Alla sua base vi era un gorgo di idee e sentimenti disparati in cui, almeno per alcuni dei suoi promotori, la volontà di rinnovamento non era né puramente plastica né puramente rivoluzionaria.

Oltre a quei caratteri che contribuirono a decretarne una frettolosa archiviazione e, cioè, un certo infantilismo ed un istrionismo deteriore, c’era sicuramente dell’altro: l’inquietudine, l’insoddisfazione di fronte alla pigrizia e all’inerzia della cultura ufficiale, l’ansia di una verità diversa da quella dei borghesi e dei filistei.

Da questo confuso groviglio di energie in quegli anni emerse una visione artistica aperta alla nuova problematica che in Europa si stava svolgendo. Fu il primo movimento di avanguardia in Italia e, come tale, un movimento che preparò e annunciò un radicale rivolgimento della cultura e del costume, negando in blocco tutto il passato: certo, il suo intento rivoluzionario si ridusse, in gran parte, ad estremismo polemico e coincise con quel furore nazionalistico che permeava gli spiriti di molti contemporanei.

Savonari, che invece è uomo ed artista di equilibrio e di ragione, al Futurismo attinge il gusto della sperimentazione e l’uso della intuizione geniale: lo interessa lo studio delle vibrazioni luminose, la rappresentazione sintetica del moto e, cioè, la vita stessa della materia, la evocazione della intensità vitale dei fenomeni.

Lo affascina l’esperienza di Balla, quello delle “compenetrazioni iridescenti”, tutte giocate sulla giustapposizione seriale di forme geometriche e di colori puri; opere che possiamo definire tra i primi straordinari esempi di una pittura non figurativa in Europa.

Lo stimola, credo, e lo coinvolge, sopratutto del Primo Futurismo, quel rinnovamento della sensibilità di fronte alla realtà contemporanea della quale volle capire i cambiamenti per atteggiarsi in sintonia con la invenzione o la scoperta di una nuova tematica, che comunque arricchì il repertorio delle immagini poetiche del mondo figurativo.

In questo senso credo che del Futurismo Savonari condivida l’assetto che ad esso diede Boccioni, il quale nel suo sforzo creativo e teorico tese a definirlo come sintesi dei valori formali divisionisti e cubisti, ma anche dei valori espressionistici.

Anche lui, come Boccioni e Picasso, non sfugge alla condizione creativa che fa dell’opera il risultato espressivo della emozione: è quell’aspetto irrazionale che nella sua pittura, pur così lucidamente razionale, si rivela come una sorta di ebbrezza drammatica, che denuncia la volontà dell’artista di far scaturire dall’interno delle cose le energie infinite della natura. Al Cubismo poi, l’altra robusta radice della sua pittura, Savonari attinge in un tentativo verso l’infinito, verso l’eterno, volendo fissare sulla tela tutte le facce, tutti i momenti dell’oggetto, la sua varietà ininterrotta di apparenze e di segni.

Mi sovviene ciò che scrive Elouard a proposito di Picasso:
” …a dispetto delle nozioni intorno al reale oggettivo, Picasso ha ristabilito il contatto tra l’oggetto e colui che lo vede e che, di conseguenza, lo pensa: egli ci ha ridato, nella maniera più audace, più sublime, le prove insuperabili dell’esistenza dell’uomo e del mondo”.

Carlo Carrà, che nel Futurismo trascorse una stagione estremamente creativa, nel ‘16 lasciava il Movimento per la pittura metafisica: non scrisse più di futuro e di velocità, non invocava più la distruzione di Venezia e dei musei, anzi ricercava insieme ad altri il carattere antico della nostra cultura: intorno alla rivista romana di Broglio, “Valori plastici”, si tentava di ritrovare i valori figurativi nazionali italiani attraverso Io studio dei Maestri: Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, Paolo Uccello.

Sì, quel Paolo Uccello che Savonari con una punta di audacia definisce il padre antico del Futurismo, formulando in proposito la seducente ipotesi di quel filo di cui parlavamo prima, che lega, tra l’altro, la scoperta della prospettiva di Paolo alla bella follia del Movimento: un filo, come dice il Nostro, che rende veramente diversa la pittura italiana da qualsiasi altra pittura.

“Paolo Uccello ebbe il senso dei valori tattili e gusto del colore — scrive Berenson — ma la sua vera passione era la prospettiva: per lui la pittura non fu che occasione per risolvere i problemi di tale scienza… Cavalli riversi, guerrieri morti o morenti, lance rotte, campi arati ed arche di Noè gli servono, appena con un’ombra di dissimulazione, per i suoi impianti di linee matematicamente conseguenti. Nel suo zelo egli dimenticò il colore reale, gli piaceva dipingere i cavalli in verde e in rosa!…”. Fin qui Berenson.

Prendete l’opera che Savonari dedica ad Uccello, alla sua celebre battaglia: quattro fughe prospettiche, quasi delle traiettorie, lungo le quali idealmente si pongono, staticamente eppure in perenne corsa, cavalieri e cavalli, spade e lance e durlindane, elmi e corazze. Un movimento, appunto, un vortice fantasmagorico ottenuto col mescolarsi di una infinita serie di segni, di figure geometriche distinte e nel contempo fuse, una antologia di accenti futuristi e cubisti, di cui non sai se lodare la perizia raffinata o stupirti del turbinio galoppante della fantasia.

Una battaglia, in fondo, dipinta come Uccello l’avrebbe dipinta se fosse vissuto in questo nostro secolo.

Ovviamente siamo lontani un miglio da ogni intento citazionistico, sia per quanto riguarda la pittura di Uccello che, lo abbiamo detto, per l’uso che Savonari fa, rigoroso e spregiudicato ad un tempo, del linguaggio futurista e di quello cubista.

Ci troviamo, invece, a mio avviso, nel caso di un artista che possiede un suo linguaggio, nel senso già intuito da Vico, secondo cui il linguaggio stesso nasce come reazione emotiva dell’uomo all’incontro con le cose e, quindi, è esso stesso poesia.

Mi sovviene, a tal proposito, quanto Savonari stesso mi raccontava davanti ad un quadro presente in questa sua collezione del Saracen, “Sinfonia Siciliana”: un quadro nel quale arance, colori, una stessa temperatura che vi si scorge, sono tutti elementi raccordati, appunto, sinfonicamente a narrare d’una Sicilia non certamente oleografica, ma densamente sognata, misteriosamente sottesa oltre i clamori della invenzione pittorica.

Era il suo pennello a tracciare quei segni e quei colori proprio a Capaci, nel momento stesso della orrenda deflagrazione che sbriciolava in aria le macchine che conducevano da Punta Raisi a Palermo Falcone e la sua scorta.

Savonari mi ha raccontato d’aver continuato a dipingere con l’eco della esplosione nelle orecchie quella Sicilia incantata e rappresa nel suo sogno di pittore, non certamente per placare la sua disperazione, ma per ricondurla ad una qualche razionalità. Una pacata razionalità nella quale l’artista, continuando ad essere tale, nel rifiuto di ogni urlato, sterile impegno antimafia, fosse testimone autentico del suo tempo, della sua terra e della sua tragedia, ma — perché no? — della sua poesia, del suo sogno che, oltre ogni strage, continua a sopravvivere.

In fondo non è un caso se proprio quel sogno induce un illuminato imprenditore a trasformare, nel suo ventennale, un albergo, dimora per vacanze, in qualcosa di più e, cioè, la sede di una collezione d’arte del nostro tempo: uno dei luoghi in cui il sogno si materializza, compiendo quel miracolo che fa di una terra come la nostra una terra comunque nobilissima e gli uomini che vi abitano o soltanto vi transitano senza dubbio migliori.

Anche se si sottrae a ogni tentativo di classificazione, il campo dell’immaginario non è quello dell’anarchia e del disordine: ciò è tanto più vero nell’immaginario che costituisce la fonte, il sostrato di questa pittura. Le creazioni più spontanee obbediscono a leggi interne: anche i simboli che Savonari usa (alveari, conchiglie, strumenti musicali, piramidi…) si iscrivono in una logica e, più che essere creazioni dell’inconscio, sono forme nuove, che vanno ad ascriversi ad un immaginario contemporaneo, talvolta dal significato inquietante, come inquieto è l’intelletto di questo autore e come inquieto è il tempo che egli intensamente vive.

E’ sempre la ragione che organizza il caos apparente di queste composizioni, le quali poi non sono che un pretesto per parlare di colore, con il quale egli riesce a esprimere pulsioni vitali, esperienze totali del suo io che nascono grazie al gioco inesauribile e complesso dei legami che tessono il suo divenire e quello del mondo cui appartiene e dal quale assume la materia del suo racconto pittorico.

Ma davanti a queste opere non possiamo che ripetere quanto altre volte è stato detto o intuito: l’arte è un modo di esistere. Non ha senso chiedersi a che cosa serve, poiché non troveremo mai una risposta convincente, come non ne troviamo, almeno più convincenti, per lo stesso nostro esistere, o per l’amore, o per gli ideali.

Diciamo, semplicemente, che l’arte c’è, e ad ognuno di noi essa riesce a dare il suo messaggio, più o meno intenso, nella misura in cui ci apprestiamo a ricercarne il senso nascosto.

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L’Arte è Motore http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/larte-e-motore.html http://www.savonari.com/la-mia-tela/testi/larte-e-motore.html#comments Thu, 21 Apr 2011 22:19:17 +0000 animaperla http://savonari.animaperla.com/?p=493 L’ARTE NON E’

ORPELLO

L’ARTE E’ MOTORE

 


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